Con queste parole si apre il romanzo di Fabiola de Clercq Tutto il pane del mondo edito da Bompiani già nel 93 il libro fu riscoperto nei primi anni del 2000.
“Faccio sforzi sovraumani per dimostrare che la mia condizione non mi
impedisce di fare una vita apparentemente normale.
Nello stato di deperimento in cui sono sfido il freddo, il caldo, la stanchezza e … la fame.
Per
dimostrare la mia volontà di vivere malgrado tutto, io non vivo. Sto
mimando la vita come un’attrice interpreta una parte. Ora non sono più
capace di uscirne. “
Un
padre che scompare nel nulla, una sera di Novembre una bambina che per
tutta la sua vita convive con quella inspiegabile assenza e una famiglia
allargata che si muove tra Bruxelles Cannes e Santa Margherita, luogo
di vacanza estive. Dove si insinua il fantasma dell’anoressia che
diventa bulimia, gli abusi sessuali, la mancanza del padre, il rapporto conflittuale con una madre assente e nel mezzo la vita.
Che
la protagonista vive senza vivere, tra amori mancati cadute e
rinascite. L’ apparente serenità di una famiglia ‘’allargata’’ che basa i
suoi rapporti su un affettività che muore nella formalità e che porta la giovane protagonista a tracciare su di sé la linea che divideva lei dalla madre.
Come sua madre accetta con dissacrante serenità la violenza che la protagonista ancora bambina subisce
in un vagone letto durante un viaggio in treno da parte di uno zio.
Così Fabiola accetta con la stessa dissacrante serenità la bulimia che
non le impedisce almeno apparentemente di ‘’vivere’’ senza vivere la
vita.
Tra amori che iniziano senza iniziare mai farlo davvero; Fabiola si scontra con lo stigma della ragazza che bulimica perché non si piace fisicamente e per questo stupida, una madre che non la vede e un lungo percorso terapeutico che culminerà con la nascita del centro ABA.
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